Emma Chiaia, scrittrice, giornalista e counselor

Emma Chiaia è una scrittrice e giornalista conosciuta dal grande pubblico per il suo bestseller Galateo amoroso per giovanissime  e Galateo amoroso per giovanissimi (scritto a due mani con Andrea Taddei) entrambi editi da Sonzogno: due libri di educazione sessuale e sentimentale per adolescenti che sono stati adottati da molte scuole. Collabora come free lance specializzata nei temi dell’amore, della psicologia, della sessuologia, della salute e della spiritualità alle maggiori riviste femminili e di salute. Svolge anche l’attività di counselor: per diversi anni ha condotto il seminario di approfondimento “La sessualità nel counseling” presso la scuola CREA, offre sessioni individuali di counseling, conduce un gruppo di counseling al femminile sull’amore di sé ed incontri di gruppo e individuali sul risveglio della creatività.

“Per Fortuna Ho Scelto Te (per cambiare il mondo)” è il suo primo romanzo, tra l’altro autoprodotto: io l’ho letto e le ho chiesto se aveva voglia di rispondere ad alcune mie domande.

1 –  Difficile scrivere una favola, di questi tempi. Perché è proprio una bella favola moderna, a mio giudizio, il tuo romanzo “Per fortuna ho scelto te”. Un libro che io consiglierei e regalerei ai ragazzi per tante ragioni, una delle quali è perché dà l’esempio di come si possano usare in modo intelligente e con nobili fini i social networks. Partiamo da qui: pensi che, anziché usarli come strumento di un culto narcisistico di se stessi, potremmo davvero insegnare ai giovani le potenzialità positive degli strumenti social? E come?

Innanzitutto con l’esempio… Anche noi adulti usiamo i social, ma tante volte pure il nostro comportamento online è un po’ ripetitivo, passivo, inconcludente (sorvolo su quegli adulti che postano contenuti impropri o aggressivi). Se anche noi in prima persona cerchiamo di essere più creativi e motivati, online e offline, sicuramente potremo diventare un modello più positivo. Possiamo condividere campagne impegnate con i nostri ragazzi, individuare influencer attivi su temi come l’ambiente e i diritti umani e chiedere ai ragazzi cosa ne pensano… Insomma, essere dei modelli e proporre dei modelli. Le occasioni non mancano.

2 – Un’altra ragione per la quale riconosco al tuo romanzo un valore, concedimi, pedagogico è il fatto che il suo messaggio sia quello che, se vogliamo, noi davvero possiamo cambiare in meglio le cose: la qualità di vita (del nostro Pianeta e quindi nostra), l’ambiente, l’utilizzo delle nostre risorse, etc.. E che per poterlo fare è anche necessario creare una sorta di network del bene. Rispetto a questo tema, in che modo tu stai dando il tuo contributo? Scrivere questo romanzo ti è servito anche per attivare iniziative di carattere sociale?

Come scrivo nel romanzo, c’è assolutamente bisogno di una “chiamata ai talenti”. Questo vuol dire che ognuno è chiamato a dare il suo contributo con ciò che sa fare meglio. Io ho facilità a scrivere, quindi il mio contributo più importante è proprio questo romanzo! Poi, man mano che mi attivo per promuoverlo, mi vengono altre idee. Per esempio posto spesso sulla mia pagina Facebook Emma Chiaia – la mia pagina autrice – dei contenuti ecologici che trovo ispiranti.

Qualche giorno fa ho anche lanciato una piccola campagna con gli ashtag #LettereAlSindaco, #VoglioRespirare, #Unaemailalgiorno. Per un periodo ho scritto tutti i giorni al sindaco Sala per chiedere provvedimenti contro l’inquinamento dell’aria a Milano. Poi postavo le email sul mio profilo Facebook e chiedevo quelli tra gli amici che erano d’accordo di condividere. E un po’ di seguito c’è stato!

Essere una scrittrice ovviamente facilita queste cose: volevo che le email fossero una diversa dall’altra, che fossero ben scritte, che avessero un tono gentile, e che fossero più ispirazione che di critica. Spero di esserci riuscita… Non è stato semplice, ma forse ho toccato i tasti giusti perché sono stata contattata dalla segreteria di Palazzo Marino e mi è stato promesso un riscontro. Ecco, questo è un piccolo esempio di uso dei social per una buona causa.

3 – Il romanzo racconta una bella amicizia femminile tra due ragazze della stessa età (Sara e Laura) che appartengono a due mondi lontani eppure vicinissimi. Come tutte le vere amicizie, anche la loro vive momenti di allontanamento e incomprensione. Superate, in questo caso, anche grazie a un compito (una sorta di investitura) che vede entrambe come figure importanti per la possibilità di costruire un Futuro migliore. Che ruolo hanno nella tua vita le amicizie femminili? Pensi sia vero che noi donne spesso facciamo fatica a essere con/tra noi davvero solidali?

Nella mia vita le relazioni  femminili hanno un grandissimo spazio. Ho due sorelle, alle quali sono legatissima. Ho tante amiche. Ho lavorato per più di vent’anni nelle riviste femminili. Adesso come counselor lavoro al novantanove per cento con le donne. Mi piace l’universo femminile, lo conosco, lo capisco. E posso dire che le donne hanno difficoltà a essere solidali solo quando vivono nella paura, condizionate da modelli esterni. Ma quando trovano la strada del cuore, quando sono ben salde nel centro di se stesse, le donne sono capaci di grandissima generosità verso le esponenti del loro sesso. Piccole innocue competizioni rimarranno sempre, ma se una donna è serena l’affetto e la solidarietà per le sue simili prevalgono.

4 – Ho trovato molto bello vedere come Sara acquisti a poco a poco maggiore fiducia in sé stessa, lasci andare le sue paure e si renda conto delle sue potenzialità. Scoprire, accettare, coltivare le proprie potenzialità non è un cammino semplice (o almeno, per me non lo è stato), né scontato e spesso richiede molto coraggio. Tu ci sei riuscita?

Sì, in parte… Ma è un percorso che, credo, dura tutta la vita! Sono fiera del punto in cui sono oggi, ma ho lavorato duramente per arrivarci. C’è in ciascuno di noi molto più di quanto crediamo. All’inizio è difficile mettersi su questo percorso di scoperta: spesso pensiamo, come Sara, di non avere dentro niente che valga davvero. E poi le circostanze della vita a un certo punto ci chiedono di metterci in gioco: allora scopriamo in noi risorse nascoste. Ma è anche vero che a volte è necessario che qualcuno ci aiuti in questo cammino, ci dia una mano a vedere il bello che è dentro di noi: è la funzione del counselor! Nel romanzo accade così a Sara, che trova in Laura una persona che rifiuta di ascoltarla nei momenti di autocommiserazione, e che invece la incoraggia sempre a trovare il proprio valore.

Spesso si chiede alle amiche di stare dalla nostra parte quando ci lamentiamo. In un’amicizia evolutiva, invece, c’è sì solidarietà nei momenti più brutti, ma c’è anche sempre l’incoraggiamento a tirar fuori la parte migliore di noi, quella che sa e vuole reagire. Le amiche evolutive si allineano con la forza l’una dell’altra, aiutandosi a vicenda a riscoprirla. È molto bello.

5 – Pensi sia esagerato dire che abbiamo sempre la consapevolezza del momento preciso in cui nasce un’idea, una storia? Nel caso del tuo romanzo, come è accaduto?

Avevo appena finito di scrivere un altro romanzo (che probabilmente pubblicherò in seguito), tutto incentrato sul tema del passato e dei ricordi. Quando ho deciso di scrivere una nuova storia, mi sono detta: “Basta passato! Vorrei scrivere qualcosa sul futuro…” Sapevo anche che volevo una storia che fosse importante e nello stesso tempo leggera, delicata, piena d’amore. Ma come trovarla? Per un mese intero ho fatto un’ora di meditazione quotidiana, chiedendo al mio profondo, cercando l’ispirazione.  Il risultato? Apparentemente nessuno… Però un bel giorno sono andata a una conferenza e il relatore ha concluso l’intervento con le parole “verranno mondi felici…” Sul momento non ho realizzato, sono andato a casa a dormire. La mattina dopo mi sono svegliata e avevo in testa l’intera storia del Mondo Futuro!

6 – Quali pensi siano i passaggi più critici del processo creativo?

Per me è molto difficile all’inizio, il momento in cui devo trovare l’idea. E anche la fase in cui creo la struttura mi mette un po’ alla prova. Invece la stesura vera e propria mi viene abbastanza facile, e la riscrittura mi diverte tantissimo: passo molto tempo nel lavoro di limatura e di editing, ma è un tempo piacevole.

7 – Esiste secondo te una “differenza di genere” nella scrittura?

Io credo di sì… qualcosa di sottile. Però è un’idea molto difficile da argomentare senza cadere negli stereotipi. Quindi non aggiungerei altro… non mi chiedere di definirla meglio perché entrerei in crisi!

8 – Che distanza bisogna mettere fra sé e ciò che si scrive? O anche: quanto c’è di te in ciò che scrivi?

I miei romanzi non sono autobiografici, eppure c’è tanto di me in ogni scena, in ogni personaggio, forse in ogni riga. Sono parti di me nascoste, e infatti a volte per divertirmi interrogo gli amici che mi conoscono bene per vedere se riescono a risalire al processo associativo che ha creato situazioni e personaggi. Non ci riescono quasi mai…

Ma capita anche che, al contrario, mi facciano notare delle associazioni tra ciò che ho scritto e la mia vita che a me erano sfuggite!

La distanza credo sia comunque importantissima. Impossibile non mettere noi stessi nei nostri romanzi, ma se le emozioni non sono mediate dalla voglia di raccontare una storia si perde un equilibrio narrativo fondamentale.

9 – Necessità, vocazione, occasioni: quanto hanno contato nella scelta del tuo lavoro?

Io nasco come giornalista, mestiere intrapreso per caso, o forse per destino, o per inclinazione profonda… ma non per una scelta consapevole. Le occasioni sono arrivate mentre cercavo di fare altro: pianificavo di fare tv o pubblicità (strade che, lo capisco oggi, mi avrebbero reso molto infelice). In quegli anni, mi conoscevo davvero assai poco!

Il giornalismo, dicevo, è arrivato per caso. Ma in realtà più che una giornalista sono stata una divulgatrice: mi piaceva portare al grande pubblico certi concetti della psicologia che ritenevo potessero far star bene la gente. In fondo non è diverso dalla mia attività di counseling e nemmeno da quello che ho cercato di fare con questo romanzo: divulgare concetti che portino felicità e ispirino alla crescita. Direi dunque che è questa la mia vocazione! La necessità di guadagnarmi da vivere non ha fatto che darmi occasioni per riconoscere quello che volevo fare veramente.

10 – Hai avuto un Maestro/a?

Sì, per quello che riguarda la mia attività di counseling. Non l’ho avuto invece per la scrittura… Eppure l’avrei tanto desiderato! Ho imparato da tante persone, ma non ho un maestro unico. Ovviamente, però, i veri maestri sono i libri che ho letto.

11 – Che strumenti usi per il tuo lavoro?

Il computer, con un programma di dettatura vocale. Nella fase della prima stesura mi comporto così: seduta sul letto a gambe incrociate faccio l’elenco delle scene che voglio scrivere quel giorno. Poi mi metto comoda, medito un po’ e le butto giù, il più rapidamente possibile. Successivamente vado nello studio, accendo il computer, e con il programma di dettatura vocale le trasferisco su un file del mio software di scrittura preferito, Scrivener. A quel punto inizio a lavorare sulla scena: la definisco, la approfondisco, la riscrivo, anche più volte.

12 – Hai dei discepoli, allievi, assistenti?

Non ho assistenti, nemmeno nel lavoro di counseling… Spesso delle giovani counselor mi chiedono di poter fare il tirocinio nei miei gruppi. Ma nei miei incontri di sostegno sono accolte solo le donne che vogliono lavorare su se stesse, non sono ammessi osservatori esterni che potrebbero turbare l’intimità del gruppo.

Mi piacerebbe tanto avere un assistente per la scrittura… Chissà, un domani, magari!

Però ho diverse persone che mi rendono orgogliosa reputandomi in qualche modo una loro maestra o una loro guida: sono le mie clienti del counseling, e alcune delle mie lettrici. Sono onorata del fatto che donne spesso molto interessanti e valide vogliano imparare quel che ho da offrire. Va da sé che anch’io ricevo tantissimi da questi rapporti.

13 – Quanto conta il giudizio degli altri nel tuo lavoro?

Sono spesso pronta a mettermi in gioco, forse persino troppo… accolgo le critiche perché voglio imparare, però in passato ho fatto l’errore di farmi condizionare troppo. A volte il giudizio altrui mi ha portato a correzioni e a riscritture delle quali in seguito mi sono pentita, e ho dovuto disfare il nuovo lavoro e ripristinare il vecchio!

14 – Sei indulgente con i tuoi errori?

Purtroppo non abbastanza. Sto migliorando, ma sono ancora molto severa, vorrei imparare a lasciar correre di più.

15 – Che consigli daresti a un aspirante scrittore?

Di leggere libri di insegnanti di scrittura creativa americani. Quando li ho scoperti, ho pensato che se li avessi trovati prima avrei risparmiato molto tempo.

16 – C’è un libro che ritieni fondamentale leggere?

Per chi legge l’inglese e vuole scrivere, consiglio”The Breakout Novelist” di Donald Maass.

17 – Com’è lo spazio in cui lavori?

Come ho detto, a volte mi sposto tra la mia camera da letto e lo studio. Sono fortunata, ho in casa una piccola stanza piena di libri e di luce che è perfetta per la scrittura. Ci passo molte ore…

18 – Cosa c’è sulla tua scrivania in questo momento?

Mamma mia! Per fortuna non puoi vederla… C’è un certo disordine: fogli impilati dappertutto. Ho una gran voglia di impegnarmi in una campagna di riordino, ma ho ancora più voglia di scrivere, per fortuna, e così rimando!

Grazie di queste belle domande originali!

©Maria Cristina Codecasa Conti

Ringrazio tantissimo Emma Chiaia per la sua disponibilità e per il tempo che mi ha dedicato.

Per approfondire e seguire la sua attività di scrittrice www.emmachiaia.com.

 

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