Annagrazia Bono, paper artist

Che lavoro fai?

Mi occupo di lavorazioni artistiche con la carta. Realizzo origami, quaderni in legatoria giapponese, Midori , album, biglietti d’auguri. Tengo corsi di origami e di scrapbooking. Ho seguito corsi di calligrafia per poter personalizzare alcuni lavori.

Necessità, vocazione, occasioni: quanto hanno contato nella scelta del tuo lavoro?

Sono cresciuta con una nonna che stimolava la mia creatività perchè era convinta che ogni cosa che si apprende entra a far parte di un’importante bagaglio esperienziale. Necessità. In un certo senso, sì, è stata anche la necessità: il bisogno urlante di seguire un mio desiderio, un mio sogno, o forse, lo potrei definire un mio bisogno. Le occasioni bisogna saperle cogliere dopo che si è capito chi si vuol essere. Ho colto l’occasione – con il supporto di mio marito e dei miei figli – di tuffarmi nel mondo della manualità. L’occasione è stata anche la mia esperienza personale di una sofferenza trasformatasi in malattia (oggi risanata, per fortuna!), che mi ha condotta a formarmi con un master in arte terapia perchè ci sono silenzi che dicono più delle parole e la creatività è la migliore mediatrice per entrare in contatto con il mondo interiore.

Hai avuto un maestro?

Ho avuto maestre straordinarie: dalla maestra di acquerello alla maestra di Shodo, la mia tutor e la counselor con cui collaboro e tutte le persone che incontro quando partecipo ad una formazione. Il confronto è fondamentale per crescere e per cogliere punti di vista differenti.

Che strumenti usi per il tuo lavoro?

Le mani sono il mio primo strumento, poi la carta, i pennelli, le taglierine, pennarelli, acquerelli, matite, colle, vernici, foglia oro, patine, nastri, pizzi, corde, abbellimenti di riciclo, stencil, stamping, fili e aghi e poi, durante i corsi, l’ascolto empatico e il non giudizio sono fondamentali.

Com’è nata la tua passione per la carta?

Il primo ricordo che ho della carta risale alla mia infanzia, a quando aprivo i libri nella libreria dei miei genitori e rimanevo affascinata da tutti quei simboli e inebriata dal profumo che emanavano quelle pagine. Crescendo l’ho amata sempre più perchè scoprivo che con essa potevo fare ogni cosa: potevo scrivere con ogni tipo di penna e pennarello e potevo affidarle ogni tipo di pensiero scritto o disegnato… Lei era un’amica discreta, sapeva accogliere e trattenere. La mia amica carta si lasciava ritagliare, incollare, piegare per diventare altro: farfalla, gru, fiore, cuore…è sempre sorprendente per i suoi colori, le fantasie e le varie grammature. La carta mi trasmette un forte senso di libertà, e nella sua composizione mi riconduce alla spiritualità: la poltiglia che viene messa a macerare nell’acqua (elemento che amo) risale verso l’alto. Questo movimento lento di risalita mi riconduce ad un concetto di rinascita, di ricerca di Infinito.

In che cosa consiste, secondo te, il potere terapeutico della carta?

La carta ha un potere terapeutico, è vero, non in seno clinico, ma esperienziale. La carta è la base da cui partire per giungere a qualcos’altro. Un libro è un insieme di fogli su cui si è scritto e a cui è stato dato un ordine. Un dono viene sempre consegnato avvolto in una carta che si è scelta con cura. Quante decorazioni si realizzano trasformando un foglio di carta! Quanti pensieri intimi affidiamo alla carta. L’origami, in modo particolare, porta in sé un profondo insegnamento di pazienza, di regola e di attenzione, di continuo esercizio, di buona marcatura delle pieghe affinchè il lavoro finito sia perfetto. La carta, con le sue diverse grammature ci aiuta a comprendere che nella vita
bisogna saper dare il giusto peso ad ogni cosa; che abbiamo sempre la possibilità di voltare pagina, che ci è possibile tagliare e creare una nuova forma o tenere solo ciò che serve e prendere le distanze da quel che non serve più o è di troppo. La carta è una esperienza forte.

Com’è lo spazio in cui lavori?

Mi sono ritagliata uno spazio nel soggiorno di casa. E’ luminoso, silenzioso, carico di energia positiva e pieno di materiali. Poi ci sono gli spazi che mi ospitano, e quelli li scelgo in base al rapporto che si instaura con il proprietario: preferisco lavorare in ambienti attenti alla dignità umana e che sanno creare relazioni oneste e sincere.

Hai dei discepoli, allievi, assistenti?

Attualmente ho allievi che si iscrivono ai corsi che propongo.

Sei indulgente con i tuoi errori?

Con l’età sono diventata più indulgente, ma è stato un percorso lungo e difficile. Poco alla volta ho interiorizzato che sbagliare aiuta a crescere, che nessuno è esente da errori, che è doveroso migliorare, ma è altrettanto importante saper accettare i propri limiti. Tutti sbagliamo qualcosa e, a volte, si deve ricominciare d’accapo. Nel lavoro artigianale è opportuno saper distinguere fra errore e imperfezione, quest’ultima caratterizza il “fatto a mano”.

Quanto conta il giudizio degli altri nel tuo lavoro?

Fino a qualche anno fa il consenso degli altri era molto importante ed era strettamente collegato alla poca autostima ed alla non accettazione degli errori. Era un cane che si mordeva la coda: se il consenso non c’era significava che avevo sbagliato, se avevo sbagliato non mi perdonavo di non essere all’altezza e quindi precipitavo in un malessere emotivo fortissimo. Oggi, ho imparato a volermi bene, ho la consapevolezza di lavorare con impegno, passione e gioia questo metto nei miei lavori: a volte è capito, altre no.

In che cosa consiste la creatività nel tuo lavoro?

Consiste nel trasformare la carta in origami che diventano bijoux, biglietti, segnalibri; incollare la carta o cucirla per trasformarla in quaderni o album. Infine, con l’arte terapia, la mia creatività è messa a servizio della persona perchè possa vivere un’esperienza di benessere.

Che cosa c’è sulla tua scrivania in questo momento?

In questo momento, oltre alla carta, c’e’ una taglierina, matita righello e fogli per appunti perchè sto preparando un corso di scrapbooking e poi, il mio immancabile Daruma con un solo occhio dipinto: il secondo lo dipingerò quando avrò realizzato il mio sogno…


(c) Maria Cristina Codecasa Conti

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