Roberta Marasco, traduttrice e scrittrice

Roberta Marasco è nata a Milano, ma vive e lavora come traduttrice in Spagna. Ha scritto storie romantiche con lo pseudonimo di Mara Roberti e, con il suo vero nome, Le regole del tè e dell’amore, pubblicato in Italia da TRE60. “Ho iniziato a scrivere d’amore quando mi sono accorta di aver trascurato le mie emozioni – scrive Roberta sul suo blog – e ho continuato a farlo perché sono convinta che le emozioni siano la vera forza di una donna. Quando si ama si combatte con il sorriso, e non ci si ferma davanti a niente.”

Il blog di Roberta Marasco si chiama Rosapercaso – Una femminista alle prese con il rosa, perchè “Il femminismo rosa è il punto di incontro fra le battaglie femminili e la letteratura rosa, fra i diritti delle donne e il nostro bisogno di emozioni, fra le rivendicazioni di autonomia e il sogno del lieto fine. E non si tratta, come verrebbe spontaneo pensare, di volere un rosa popolato di eroine forti e ribelli o di tematiche femministe. È il rosa in sé, in quanto tale, a essere femminista. Soprattutto quello di oggi, in cui la realizzazione sentimentale passa sempre più spesso per una realizzazione personale, tanto che si può dire che l’amore quando arriva è un premio, non uno strumento. Ma non solo.”

Non conosco personalmente Roberta, ma ho letto Le regole del tè e dell’amore, quindi le ho scritto e le ho chiesto se potevo farle alcune domande per il mio blog sul suo romanzo e sul suo lavoro. Ha accettato ed io la ringrazio tantissimo per la sua disponibilità e per il tempo che mi ha dedicato.

1 – Elisa, la protagonista del tuo romanzo, è una giovane donna che decide di spezzare l’anello della catena di una storia familiare piena zone d’ombra. In un certo senso, Elisa decide coraggiosamente di fare luce. In questa sua determinazione nello spezzare la catena devo dirti che mi sono molto ritrovata. Elisa è nata partendo da tue esperienze personali o ti sei ispirata a qualcuno?

Vi sono alcuni aspetti della mia storia che sono finiti nella vicenda di Elisa: mia mamma per esempio è cresciuta in una casa di sole donne e mi sono sempre rimasti impressi i suoi racconti e l’atmosfera che immaginavo dovesse regnare in quella casa, con il suo fascino e le sue difficoltà. A parte questo, in realtà non c’è una Elisa nella mia vita. Ma nel suo personaggio vi sono alcuni temi che a me stanno a cuore, come il rapporto fra regole e felicità e la difficoltà, a volte, di vivere la felicità senza sensi di colpa.

2 – Il momento della tessitura, del cucito, della cardatura e filatura della lana erano una volta il luogo per eccellenza deputato alla narrazione orale al femminile. Era attorno al tavolo su cui si preparava il corredo da sposa che venivano raccontate e tramandate le storie. Nel tuo libro questo momento è molto legato al rito della preparazione del tè. Vale anche per l’Autrice? Hai anche tu un momento rituale di condivisione di storie, esperienze, emozioni con le tue amiche?

Le amiche sono sempre state fondamentali nella mia vita. Io dico sempre che nella realtà sono le amiche che vengono a salvarti su un bianco destriero nei momenti di bisogno, mica il principe! Ho bisogno di condividere storie ed esperienze ed emozioni con le mie amiche quasi come dell’aria che respiro, credo che scoppierei se non potessi farlo. Ma non c’è un momento rituale nella mia esperienza forte come quello del tè o come quello della tessitura che giustamente citavi tu. Ci sono cene, soprattutto, tante bellissime e magnifiche cene, in cui il cibo era poco più che una scusa per ritrovarsi intorno al tavolo e chiacchierare fino allo sfinimento. E con piccoli rituali, questo sì, che si compivano ogni volta.

3 – C’è una protagonista molto forte del romanzo ed è la casa della nonna di Elisa, con il suo incredibile giardino. Sullo sfondo (ma non per questo meno importante) il borgo di Roccamori. Quanto sono importanti per te i luoghi, reali od immaginati?

Sono fondamentali. In questa storia Roccamori in un certo senso nasce intorno alla casa delle camelie. Mi sono ispirata al borgo delle camelie, Sant’Andrea di Compito, dove si trova l’unica piantagione di tè in Italia. E quando sono andata a presentare lì il romanzo, la primavera scorsa, è stata una grande emozione. Eravamo in quattro gatti alla presentazione, questo sì, non è certo stata una delle più affollate, tutto il contrario, ma mi sembrava di essere finita fra le pagine del mio romanzo!

4 – Pensi sia esagerato dire che abbiamo sempre la consapevolezza del momento preciso in cui nasce un’idea, una storia? Nel caso del tuo romanzo, come è accaduto?

Questo romanzo ha avuto molte vite. Prima è uscito in digitale, per Emma Books, con una storia molto diversa. E anche prima di uscire per Emma Books ho riscritto la storia un’infinità di volte, per avvicinarmi sempre di più a quello che volevo raccontare davvero. Quindi non so, non credo che in questo caso vi sia stato un momento preciso. È stato un libro a infusione lunghissima!

5 – Quali pensi siano i passaggi più critici del processo creativo?

La riscrittura, che poi secondo me è il vero momento creativo per un autore, più della prima stesura.

6 – Esiste secondo te una “differenza di genere” nella scrittura?

Assolutamente. Ma ormai le intersezioni fra un genere e l’altro sono talmente tante che si finisce per attingere a generi anche molto diversi. Io ho tradotto diversi thriller, per esempio, e sono stati fondamentali per imparare a gestire le informazioni e a creare curiosità. Mentre dai testi più femminili ho cercato di imparare l’arte di sedurre con le parole. Non ci sono ancora riuscita del tutto, ma continuo a provarci.

7 – Che distanza bisogna mettere fra sé e ciò che si scrive? O anche: quanto c’è di te in ciò che scrivi?

Io dico sempre che quando quello che scrivi fa male, significa che sei nella direzione giusta. Quindi sì, per me è fondamentale che la scrittura parta da una ferita, in qualche modo, per essere autentica. Detto questo, la difficoltà poi è trovare la distanza necessaria a creare un mondo narrativo che funzioni e sia credibile, e non un calco della nostra esperienza, ma un universo del tutto autonomo, con le sue regole e i suoi personaggi.

8 – Necessità, vocazione, occasioni: quanto hanno contato nella scelta del tuo lavoro?

Tutte e tre nella stessa misura.

9 – Hai avuto un Maestro/a?

Più di uno. Credo che si impari da tutti, ogni volta che ti correggono qualcosa e ogni volta che ti fanno un complimento sincero, vi è nascosta una lezione importante.

10 – Che strumenti usi per il tuo lavoro?

Il mio pc e internet internet internet… E lunghe chiacchierate con amiche scrittrici, quando mi blocco e non riesco ad andare avanti.

11 – Hai dei discepoli, allievi, assistenti?

No.

12 – Quanto conta il giudizio degli altri nel tuo lavoro?

Dipende da chi sono gli altri. Se sono persone di cui mi fido o lettrici che rispetto e stimo, allora è fondamentale.

13 – Sei indulgente con i tuoi errori?

Meno di quanto vorrei.

14 – Che consigli daresti ad un aspirante scrittore?

Leggere leggere leggere. E non prendersi troppo sul serio.

15 – C’è un libro che ritieni fondamentale leggere?

No, credo che ciascuno abbia il proprio. Un libro che lo emoziona e lo appassiona e gli fa venire voglia di scrivere qualcosa di simile e far provare emozioni simili ai suoi lettori.

16 – Com’è lo spazio in cui lavori?

Piccolo, semplice e caotico, ma con una bellissima vista sul mare.

17 – Cosa c’è sulla tua scrivania in questo momento?

Disordine! E un numero imbarazzante di appunti, caramelle per la gola e tazze di tè…

 

©Maria Cristina Codecasa Conti

 

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